L’Italia non investe più nella spesa pubblica per l’istruzione

Un Paese che non investe più sul futuro dei propri ragazzi. Ecco cosa è oggi l’Italia secondo dati Istat pubblicati sull’Annuario Italiano. Nella classifica europea per spesa pubblica nell’istruzione l’Italia occupa attualmente l’ultima posizione, tra le ultime nel mondo sviluppato.

Nella formazione dei giovani viene investito il 4,6% del Prodotto Interno Lordo italiano, contro il 7,9% della Danimarca, il 6,4% del Regno Unito, il 6,2 dei Paesi Bassi, il 6,1 della Francia, il 5,5 di Spagna e Portogallo e il 5,1 della Germania. Fuori dall’Europa, gli Stati Uniti spendono nel sapere pubblico il 6,9% del PIL, l’Australia il 5,8% e il Giappone il 5,1%.

Il dato considera tutti i livelli di istruzione e di fonti di finanziamento, le spese dirette pubbliche per gli istituti scolastici e i sussidi pubblici alle famiglie. Non è casuale quindi che tra il 2011 e il 2012 il tasso di istruzione in Italia nella fascia 15-19 anni sia calato dall’81,3% all’81% (in Germania supera il 90%, in Belgio, Irlanda e Paesi Bassi si attesta al 94%).

I tagli continui all’istruzione pubblica danneggiano in primis gli studenti, che raggiungono la maturità solo nel 79% dei casi e la laurea nel 32%.

Investire nella formazione, nella scuola e nell’Università non dovrebbe essere una spesa ma un saggio investimento, come afferma Marcello Pacifico, presidente del sindacato Anief che ha rielaborato questi dati. In attesa che le numerose riforme in fase di dibattito cambino nuovamente il panorama dell’istruzione, gli studenti attendono risposte. L’istruzione pubblica è pronta a offrire loro i servizi necessari per affrontare il futuro?         
                                                                                       

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