C’era una volta l’Università italiana, sogno di migliaia di giovani studenti che ambivano ad una formazione accademica strutturata, che aprisse loro le porte del mondo del lavoro. C’era e non c’è più, a quanto si legge dal Report Almalaurea presentato nei giorni scorsi al XII Convegno nazionale “Orientamento in e per la scuola. Le linee guida per l’autovalutazione degli Istituti secondari”.
Il primo dato preoccupante è di tipo demografico: il numero di diciannovenni (i giovani cioè in età per iscriversi all’Università) è in calo. Colpa dell’invecchiamento progressivo della popolazione, che ha portato in 30 anni ad una riduzione del 40% di questa fascia d’età (-389mila tra ragazzi e ragazze).
I dati relativi agli Istituti raccontano di una generazione insoddisfatta, che subisce gli effetti di una carente politica di diritto allo studio. Dopo il diploma solo il 30% degli studenti prosegue negli studi; di questo (già esiguo) numero il 15% abbandona l’Università dopo il primo anno di studi. Il 46% degli studenti intervistati (circa 40mila) non è inoltre convinto di aver fatto le scelte giuste. Se il giudizio migliora leggermente quando si parla dei professori, la valutazione è unanime nel condannare le strutture e lo stato delle aule messe a disposizione.
Una situazione che fa luce su un tema delicato come quello della motivazione a proseguire gli studi, che fa paio con gli ormai consolidati dati sulla dispersione scolastica in Italia.
Organizzare un biennio comune a tutti gli indirizzi di studio, posticipando così la vera e propria scelta del percorso da intraprendere: questa una delle ricette suggerite da Almalaurea per risolvere il problema, che tuttavia affonda le proprie radici in un sistema scolastico non consono alle molteplici nuove necessità della popolazione di studenti.